È la storia di una società che precipita e che mentre sta precipitando si ripete per farsi coraggio "fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene". Ma il problema non è la caduta, è l'atterraggio.
La Haine (“L’Odio” in italiano) è stato presentato a Cannes il 27 maggio 1995, per poi irrompere nelle sale cinematografiche di tutto il mondo pochi giorni dopo.
Il Senato italiano, nella seduta di mercoledì 4 giugno 2025, ha deciso di celebrare il trentennale del capolovaro di Mathieu Kassovitz approvando in via definitiva il ddl n. 1509, meglio conosciuto come Decreto Sicurezza.
Un decreto fortemente voluto dal governo per aumentare e rafforzare la repressione nei confronti di attivisti, migranti rinchiusi nei CPR, lavoratori, e molti altri ancora. E per aumentare L’Odio.
Emilio Dolcini, professore dell’Università Statale di Milano, così definisce il Decreto Sicurezza sulla rivista online Diritto Penale: “espressione di una linea politico-criminale autoritaria che si manifesta almeno su tre piani […]: il piano dei rapporti tra cittadini e forze dell’ordine; quello della repressione del dissenso; quello, infine, delle deviazioni dal diritto penale del fatto a favore di un diritto penale d’autore”.
Quello che più preoccupa è il momento storico in cui questo decreto viene approvato, con un mondo in fiamme, lacerato da guerre devastanti, livelli di disuguaglianza mai visti prima e movimenti di ultradestra che avanzano senza ostacoli ovunque.
Ostacoli che come dimostra la folla di neofascisti che hanno potuto serenamente omaggiare con il braccio teso il camerata Ramelli a Milano, vengono invece innalzati contro chi lotta per un mondo più giusto, equo e solidale.
Se la repressione si fa più violenta e ostinata, anche la resistenza - come vedremo - dovrà trovare strade nuove e più radicali.
“C'était la guerre!”
Il Decreto Sicurezza si presenta come una vera e propria dichiarazione di guerra nei confronti di tutti i gruppi, collettivi e organizzazioni che utilizzano forme di lotta non violenta per portare le proprie proteste in strada.
In particolare sembra prendere di mira gli attivisti climatici, ovvero quelli che negli ultimi anni hanno dato vita alle manifestazioni più eclatanti e anche riuscite.
Il blocco stradale o ferroviario, ad esempio, diventa un illecito penale, punibile con un mese di carcere e una multa fino a 300 euro. Se il blocco viene però commesso da più persone riunite, la pena può salire da sei mesi e due anni.
Questo è solo uno dei tanti nuovi meccanismi repressivi messi in atto dal governo Meloni grazie al nuovo decreto.

Come riportato da L’Espresso, “si introduce il reato di rivolta in carcere (ma anche nei Cpr) con pene da uno fino a cinque anni. Ma nasce la nuova fattispecie penale della “resistenza passiva” – ribattezzata per questo anti-Ghandi – cioè quelle condotte che impediscono il compimento degli atti d’ufficio o del servizio necessari alla gestione dell’ordine e della sicurezza.
Nasce anche una nuova aggravante della violenza o minaccia a pubblico ufficiale quando è commessa per impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di un’infrastruttura strategica, come l’Alta velocità Torino-Lione o il Ponte sullo stretto”.
A criticare il decreto è addirittura l’ONU, che lo definisce un rischio per le libertà fondamentali. Secondo gli esperti dell’ONU “per come è formulato adesso il Decreto sicurezza rappresenta una limitazione al diritto degli individui di riunirsi per manifestare e protestare”.
“N'oubliez pas la police tue”
Il giornalista Luigi Mastrodonato ha pubblicato una mappa delle persone morte durante fermi o arresti di polizia.
“Dal 2000 a oggi” scrive sul suo profilo Instagram “sono circa 70 i decessi rilevati, un numero enorme in confronto alle poche storie diventate di dominio pubblico, come quelle di Stefano Cucchi e Federico Aldrovandi”.
La sua analisi non si basa sui dati ufficiali forniti dalle forze dell’ordine, ma su articoli di giornale e azioni legali, perché - strano a dirsi - l’Italia è uno dei pochi paesi europei che non pubblica e non rilascia informazioni sugli abusi in divisa.
Probabile quindi che i numeri, che già così appaiono esorbitanti, siano invece sottostimati.

Nonostante questa fotografia impietosa della violenza in divisa, l’attuale maggioranza sembra fortemente orientata a lasciare ancor più mano libera alle forze dell’ordine.
Alla strategia repressiva attuata con il Decreto Sicurezza, si vanno infatti ad aggiungere le recenti proposte del Ministro e Vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini, che ha nell’ordine chiesto l’approvazione di una sorta di immunità totale per i poliziotti in servizio e di circosrivere, qualsiasi cosa voglia dire, il reato di tortura.
“Et qui nous protège de vous?”
Un altro tema di grande preoccupazione è legato alle tecnologie di sorveglianza sempre più potenti e diffuse anche in Italia, che nel quadro repressivo descritto più sopra assumono un carattere ancora più tetro.
Un assaggio di quanto potrebbe presto accadere anche da noi ce lo offre l’Ungheria, dove il governo di Orban ha avvallato l’utilizzo del riconoscimento facciale in tempo reale per identificare i manifestanti durante i cortei - vietati dal governo - del Pride di Budapest.
La decisione ha ovviamente scatenato la protesta non solo delle organizzazioni che si battono per i diritti LGBTQ+, ma anche dei movimenti contro la sorveglianza di massa, come Edri.
Il network europeo per i diritti digitali, ha pubblicato una lettera aperta - che abbiamo sottoscritto anche noi - in cui chiede alla Commissione Europea di avviare una procedura d'infrazione contro qualsiasi nuova violazione del diritto dell'UE, in particolare la violazione dell'articolo 5 della legge sull'intelligenza artificiale.
L’Italia sembra stia seguendo la traiettoria ungherese, come dimostra il disegno di legge sull’intelligenza artificiale approvato in seconda lettura alla Camera il 25 giugno.
A preoccupare gli attivisti italiani della Rete per i Diritti Umani Digitali sono in particolare due punti: il primo è la stretta dipendenza dell’Autorità per l’AI dal Governo, al contrario da quanto raccomandato dal regolamento europeo.
Come si legge nel comunicato della Rete “la proposta per un’autorità indipendente per l’IA, [...] è stata respinta a favore di un controllo diretto dell’esecutivo, che sarà effettuato per mezzo di agenzie governative indicate dal Governo stesso (AGID e ACN).
Un esempio della contraddittorietà di questa scelta l’abbiamo avuto con la partecipazione di Bruno Frattasi, direttore generale dell’Agenzia per la Cybersicurezza, ad un evento elettorale di Fratelli d’Italia nel 2024”.

Il secondo punto dolente, tra i tanti, è legato proprio al riconoscimento facciale.
Sempre dal comunicato della Rete, si legge come “non è andata meglio all’emendamento […] che proponeva di introdurre un divieto totale alla sorveglianza biometrica in tempo reale. Sebbene l’AI Act in teoria vieti questa pratica, le ampie eccezioni previste ne svuotano l’efficacia. L’approvazione di questo emendamento avrebbe costituito un passo avanti, anche se parziale, nel proteggere i diritti individuali da una potenziale sorveglianza di massa”.
Come abbiamo più volte detto, il riconoscimento facciale è un’arma molto potente e la sua diffusione un pericolo per la società.
Ma non solo, il riconoscimento facciale è anche un’arma facilmente reperibile e utilizzabile da chiunque, anche dagli attivisti contro le forze di polizia.
Forse ricorderete il progetto Capture dell’artista Paolo Cirio, che nel 2020 ha raccolto 1000 immagini pubbliche di poliziotti in foto scattate durante le proteste in Francia e le ha elaborate con un software di riconoscimento facciale.
Nei giorni scorsi l’artista Lyle McDonald ha lanciato il progetto, il cui nome è già tutto un programma, FuckLAPD.
Come spiega 404 Media, il sito “utilizza registri pubblici e tecnologie di riconoscimento facciale per consentire a chiunque di identificare gli agenti di polizia di Los Angeles di cui possiede una foto. Lo strumento […] è progettato per aiutare le persone a identificare i poliziotti che potrebbero altrimenti cercare di nascondere la propria identità, ad esempio coprendo il distintivo o il numero di serie”.
Idea molto interessante, che meriterebbe di essere ripresa anche in Italia, dato che il nostro paese - vi ricordo - è uno dei pochi in Europa in cui le forze di polizia non hanno codici identificativi sulle divise o sugli elmetti.
Un’anomalia destinata a durare ancora a lungo, visto che il Ministro degli Interni Piantedosi ha deciso di intervenire sul tema il 22 maggio, dichiarando che “la discussione sul tema degli elementi identificativi è del tutto sterile, se non capziosa e in alcuni casi pretestuosa. Con questo governo e con questo ministro non accadrà ma credo anche che non succederà mai”.
Va bene signor Ministro, allora non se la prenda se li identificheremo noi.
“On n'est pas à Thoiry, ici!”
Sorvegliati, controllati, osservati, come animali allo zoo.
Questo il destino di diversi giornalisti e attivisti italiani, spiati con Graphite, spyware prodotto dalla società isreaeliana Paragon.
Una sintesi del caso ce la offre Wired Italia: “La vicenda ha avuto inizio il 31 gennaio 2025 quando WhatsApp ha inviato notifiche di allerta a circa 90 utenti in oltre 24 paesi europei, informandoli che i loro account erano stati compromessi attraverso il software spia Graphite della società israeliana Paragon Solutions.
Tra le vittime italiane sono emersi subito i nomi di Francesco Cancellato, direttore di Fanpage, e successivamente del suo collega Ciro Pellegrino, capo della redazione napoletana della stessa testata.
Nelle settimane successive è emerso che anche tre attivisti dell'organizzazione non governativa Mediterranea saving humans erano stati spiati: Luca Casarini, Giuseppe Caccia e don Mattia Ferrari, tutti impegnati nel salvataggio di migranti nel Mediterraneo”.
A preoccupare non è solo il numero di giornalisti e attivisti spiati, che continua ad aumentare con nuovi nomi che si aggiugono settimana dopo settimana, ma il comportamento omertoso del governo, che ha prima negato, poi rimangiato e infine insabbiato la vicenda, come se non fosse di primaria importanza.
Infatti, come si può leggere su FanPage “Paragon ha smentito la versione contenuta nella relazione finale del Copasir, affermando in una nota che sarebbe stata la società stessa a rescindere i contratti con il governo italiano, dopo aver offerto inutilmente la propria collaborazione per individuare i responsabili dello spionaggio ai danni del direttore di Fanpage.it, Francesco Cancellato.
A relazione chiusa, Paragon Solutions ha fatto infatti sapere di essere in grado di stabilire con quale licenza fosse stato usato il software Graphite, e quindi anche di identificare chi abbia spiato il direttore di Fanpage, Francesco Cancellato.
Un'informazione che però, secondo la società, non è mai stata richiesta né dal governo né dal Parlamento italiano”.
Per chiudere, come se quanto riportato fin qui non bastasse, si sta espandendo anche il caso dei poliziotti infiltrati nel partito Potere al Popolo.
“Da quanto è emerso” leggiamo ancora su FanPage “le infiltrazioni sono avvenute appunto in diverse città, Milano, Bologna e Roma, oltre che Napoli.
Gli agenti, in quella che è stata a tutti gli effetti un'operazione organizzata e articolata, hanno iniziato la loro infiltrazione in Potere al popolo, spesso attraverso l'organizzazione giovanile "Cambiare rotta", contemporaneamente, tra ottobre e novembre del 2024, e solo a dicembre del 2024 hanno ricevuto il trasferimento ufficiale all'antiterrorismo”.
“La prima denuncia pubblica” spiega Il Fatto Quotidiano “era arrivata lo scorso maggio da Potere al Popolo, in seguito alla scoperta di un infiltrato a Napoli. Quell’episodio aveva generato tre interrogazioni parlamentari da parte di Pd, Alleanza Verdi Sinistra e Movimento Cinque Stelle. Tutte al momento sono rimaste senza risposta da parte del governo Meloni”.
Una storia non degna di un paese democratico e, ancora una volta, una risposta indegna da parte di un governo che sembra voler accelerare il passo verso un regime illiberale e autoritario.
“MARLA è la newsletter dell’associazione info.nodes. Facciamo anche tante altre cose belle, vieni a scoprirle sul nostro sito ❤️